Cronaca, ,


22 aprile 2007 0:00 — 0 Commenti

Villa: Giovanni Lindo ricorda il Solitario. Ma a Castelnovo strappano i manifesti

25 aprile. Preghiera a Tapignola a 60 anni dalla morte di Morelli, partigiano e giornalista, con Simonazzi tra i primi cattolici insorti contro il nazifascismo, ma uccisi a cavallo della Liberazione. “Un odio da vertigine”

di Gabriele Arlotti

VILLA MINOZZO (Domenica 22 aprile 2007) – Se non è un gesto di mera stupidità o di grave ignoranza, la violenza di chi in queste ore Castelnovo ha strappato questi manifesti è pari alla violenza fisica. Perché chi ha osato tanto, dileggiando il 25 aprile di Tapignola dove Giovanni Lindo Ferretti è il promotore di una giornata di preghiera e ricordo di partigiani cattolici uccisi a cavallo della Liberazione, con la violenza di un gesto non vuole che si diffondano le idee e la memoria. E la violenza contro la libertà di pensiero è violenza sulla nostra mente, quindi sul nostro corpo.

UNA GIORNATA DI PREGHIERA E CANTI

A Tapignola, nella parrocchia che fu di don Pasquino Borghi, si svolge “Un 25 aprile Solitario”, una iniziativa lontana dalla retorica per ricordare quella che dovrebbe essere la festa di un popolo. Giorgio Morelli, “Il Solitario”, fu redattore de La Penna, il periodico reggiano di ispirazione cattolica che nel dopoguerra si propose, a caro prezzo la ricerca della verità su una storia troppo recente.

Alla giornata intervengono Giovanni Lindo Ferretti,Carlo Losi, Daniela Simonazzi, Maria Teresa Morelli. Alle 11.30 si svolge la Santa Messa, alle 13.00 il pranzo al sacco e gnocco fritto, alle 15.30 letture, canzoni e musica, alle 18.00 la recita del Santo Rosario. “Dopo decenni di omertà, menzogne, commemorazioni sempre più distratte e stanche – si legge sul bel manifesto di presentazione della giornata -, un silenzio raccolto è la migliore compagnia perché possa continuare a fiorire tra gli uomini quella conoscenza di libertà nella verità”.

AZOR E IL SOLITARIO, LA FORZA DELLA VERITA’

In un documento, forte e motivato, Giovanni Lindo spiega il perché di questo giorno. “Marzio Simonazzi, nome di battagli Azor, era vicecomandante della 76° brigata Sap. Scomparve a Pasqua del 1945”, pochi giorni di prima di quella Liberazione che avrebbe dovuto essere anche sua. “Verrà ritrovato a marcire nel fango tra i boschi di Montericco e Vezzano il 3 agosto del 1945, nella nuca un piccolo foro”. Chi ha ucciso Azor? Se lo chiede “il Solitario” Morelli, un partigiano che, ebbe il coraggio di smettere il fucile per imbroccare la forza della verità, con la penna in mano. Giovanissimo partigiano in città, fu il primo a rientrarvi alla Liberazione con un fazzoletto tricolore al collo. Sul mensile “La Penna” (che cambiò ben 11 tipografie a seguito delle ritorsioni durante le 25 edizioni tirate tra il 1945 e il 1947), vanno in scena le sue domande di ragazzo solo ventenne: chi ha ucciso don Jemmi? Menozzi Anselmo “Paolo”? Don Luigi Ilariucci? Giuseppe Verderei?… Ma il 27 gennaio del 1946 mentre rincasa “a Borzano, due ombre nella nebbia gli scaricano un caricatore addosso. Solo tre colpi vanno a segno, ferendolo, ma lo si vedrà di nuovo passeggiare per Reggio con l’impermeabile sforacchiato”. Morirà il 9 agosto del 1947, dopo mesi di sofferenze, “ma fino alla fine continua la sua ricerca di verità. E’ un uomo libero, non odia nessuno, perdona i suoi assassini è in pace con Dio e con gli uomini, chiede solo di essere sepolto in montagna”.

CHI HA RITROVATO LA MEMORIA

E poi è la volta dei familiari. “Ci sono tra di noi, ho avuto la fortuna di conoscerle – scrive Giovanni Lindo Ferretti – persone come Daniela Simonazzi e Maria Teresa Morelli che, solo lasciando trasparire il proprio dolore, la necessità di attraversarlo per ricucire la propria storia in memoria vivente, generazione su generazione, svelano la menzogna che ci avvolge. Noi involontari complici. Raccontano dei nostri eroi sconosciuti o dimenticati”.

“DOPO DECENNI UN ODIO DA VERGINE”

Azor e il Solitario erano di quelli. Mentre scriveva queste righe forse non sapeva, Giovanni Lindo, che già stava rispondendo a chi gli avrebbe strappato i manifesti. Perché tra le sue righe si legge “Quando anche a distanza di decenni, anche solo per un attimo, ci si affaccia a quell’abisso di odio per l’uomo, non si può non essere colti da vertigine”. Vivaddio che ci sono ancora uomini liberi, come il Solitario che “non ha avuto paura di fascisti e nazisti; sa che la verità è come l’ortica: chi la sfiora ne è punto, bisogna afferrarla saldamente e non temere il bruciore”.

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