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24 luglio 2015 11:25 — 0 Commenti

#MatildediCanossa, un IX Centenario in silenzio

In morte di Matilde Elisa Montruccoli foto G. Arlotti (1) (Large)

Nove secoli fa, proprio come oggi, a Bondeno di Roncore (Reggiolo) colei che amava l’Appennino coi suoi castelli, le sue abbazie, le sue montagne e i suoi fiumi esalava l’ultimo respiro.

I giornali e i media in genere di oggi paiono non avvedersene in toto e, a dir del vero, nemmeno le autorità. Dovrebbero andare un po’ tutti a Canossa. Solo qualche trafiletto sul mantovano e, nel luogo della morte, oggi alle 17 un mazzo di fiori di due sindaci, quelli di Reggiolo e San Benedetto Po. Forse, diciamocelo, non è un caso che la proposta di legge (Incerti, Carra, Manghi) che voleva proporre la valorizzazione del territorio legato alla figura di Matilde non sia stata approvata. Prima di loro ci aveva provato la senatrice Pignedoli, purtroppo con analoghe sorti.

Troppo poco l’essere una delle tre donne sepolte in Vaticano? Troppo poco avere gettato il primo germoglio d’Europa? Troppo poco l’essersi opposta al cugino imperatore Enrico IV, al punto di costringerlo all’umiliazione di Canossa, gennaio 1077? Troppo poco, in termini di vil moneta, valere ancora oggi quarantamila turisti dalla Germania alla scoperta dei suoi luoghi e della sua figura? La risposta, come la domande, sarebbero probabilmente un inutile ingegno di retorica.

In morte di Matilde Elisa Montruccoli foto G. Arlotti (3)

Va dato atto alla meravigliosa rete del volontariato che con oltre sessanta enti e associazioni – col coordinamento dei Comuni di San Bendetto Po e Quattro Castella – ha stilato un protocollo di intesa per il IX Centenario: si sono impegnati, ognuno per come poteva, per celebrare questa ricorrenza. In tanti ci hanno messo del proprio. Dalla due giorni di Marola alla rievocazione di Nasseta, dai libri – Come spicchio di Melagrana di Normanna Albertini – ai convegni diffusi sul territorio, dal film, come quello con la regia di Ubaldo Montruccoli, alla rievocazione di questa sera proprio a San Bendetto Po, con i figuranti d’Appennino e testi di Clementina Santi. Una piccola rete e fitta rete di vero marketing territoriale che nel suo piccolo fa onore a colei che portò proprio in Appennino la capitale delle vicende italiane del tempo.

Noi che amiamo vivere in Appennino ce lo possiamo dire, senza troppa presunzione: ci riconosciamo con orgoglio nella figura della sovrana che governò ai tempi della lotta per le investiture. In lei c’è molto della gente di montagna dei nostri giorni. Ben lo dimostra lo spettacolo Matilde la Storia e l’interpretazione di che sa commuovere proprio nel sottolineare il legame che ella volle mantenere con le sue terre. Al punto di scappare dalla Bassa Lotaringia, l’attuale Lorena, dal primo marito Goffredo il Gobbo e rientrare precipitosamente tra le sue e nostre montagne e lottare contro il nemico del Papato. Oggi i nuovi nemici si chiamano emigrazione, spopolamento, fuga delle menti, abbandono delle campagne, perdita dei servizi, viabilità… Eppure per tanti di noi la voglia di esserci, vivere e amare qui è qualcosa che è scritto nel Dna.

Quando siamo all’estero, noi italiani siamo bravi a decantare i nostri brand. Che si chiamano Ferrari, Armani, Valentino, Pizza, Pasta, Parmigiano Reggiano… Se siamo reggiani, tra italiani, ci piace anche dire siamo quelli dei ponti di Calatrava e del Primo Tricolore. Alle volte, però, se siamo montanari ci piace ribadire che siamo quelli di un posto poco conosciuto, non suggestivo certo come le Dolomiti, ma davvero bello e ospitale che ha nella qualità dei luoghi e nel senso della vita il suo punto di forza. Certo ora i nostri luoghi sono anche patrimonio Mab Unesco. Ma alle volte ci scappa di dire che siamo di quegli Appennini dove visse Colei che “se ne dovessimo citare ad una ad una le opere compiute i nostri versi aumenterebbero a tal punto da divenire innumerevoli come le stelle”.

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Gabriele Arlotti ha scritto 2965 articoli per Studio Arlotti

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